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Isabellwife danza per me


di Membro VIP di Annunci69.it Ginocondor65
04.12.2024    |    101    |    0 8.7
"Sa che anche la leccata di fica da parte di una zoccola che ci sa fare, e lui sa quanto perché ne ha appena goduto, ha provocato quella scintilla inattesa..."
La chiamerò Isabel perché in realtà non conosco il suo nome e, in questo gioco di specchi, credetemi è l’ultimo dettaglio che vorrei scoprire.

Si definisce Wife, questo mi intriga perché le corna sono questione di popolo, ma il tradimento è un’arte sublime e non ho dubbi mentre la osservo muoversi nella penombra di un abatjour. Il nero domina incontrastato attorno a un’atmosfera ovattata. Fuori piove e il ticchettio delle gocce che sbattono sui vetri della finestra aperta è un richiamo ancestrale, l’odore fresco della natura penetra le narici donando un sapore piacevolmente umido a ciò che ci circonda.

C’è lui. Il suo lui. Ha faticato per convincerla. Ma forse neppure poi troppo. Perché Isabel sa cosa vuole. Vuole qualcosa anche lei e sa che, se sei tu a chiederlo, deve esserle chiesto con educazione, anche con dolcezza, perché la sua sensibilità, la femminilità esige un certo rigore, non solo fisico.

Lui l’ha spinta a esibirsi, all'inizio, per stuzzicarla e per stuzzicarsi. "Sali sul palco di A69, divertiamoci", le ha detto. E lei ha preso il largo. Un po’ come quando lei gli ha sussurrato, tempo fa, “lasciami corda”. Lui l’ha lasciata quella cima e lei, furtiva, se n’è appropriata. Perché in cuor suo lei sa di comandare.

La osservo, seduto in una poltrona di velluto rosso, che l’oscurità fa sembrare cocciniglia. Sto centellinando un torbato da grandi occasioni, perché questa è una grande occasione. Isabel esce dalla penombra e sprigiona una fragranza che riconosco: oro bianco di Grasse. Se lo è fatta spalmare sulla pelle, come faceva Cleopatra col latte. L'incavo delle mani ha portato questa crema trasparente e la pelle ha dilatato i propri pori per farla entrare in profondità. È ambrata di un’abbronzatura decisa che esalta i segni del costume, un vezzo malizioso per darti l’illusione di essere pudica.

Danza da sola, in mezzo alla sala, novella Salomè, liberandosi lentamente di pochi veli di seta preziosa, una collana di monete d’oro che ondeggiano sui suoi seni floridi, una cavigliera con i campanelli.

Cosa provo? Il gusto del distillato corrompe le papille gustative mentre l'elisir corrode il cubo di ghiaccio, unico, grande, come la passione che si è impossessata del mio inguine. Accavallo le gambe. Devo farlo, per coprire quella che sembrerebbe una vergogna, a prima vista. Isabel ci sa fare, devo riconoscerlo.

Dalla parte opposta della sala, in penombra, anche lui osserva. Il suo lui. Non lo vedo bene, ma mi sembra di cogliere un sorriso divertito, direi quasi appagato.

Le movenze di Isabel non aggiungono molto alla sua conturbante bellezza. I piedi nudi si muovono rapidi sul piancito, ricordando la delicatezza di un flamingo così elegante. I suoi glutei sembrano scolpiti, anzi lavorati. I suoi anfratti, lo so, sono plasmati da pazienti sedute di mani esperte, che hanno tracciato quei solchi del piacere, aprendo i preziosi varchi ai collezionisti del piacere, come solo un ebanista sa ancora fare da qualche parte nel cuore d’Africa.

Balla Isabel, balla per me, dico nella mente mentre non riesco a tener a freno il fermento che risale lungo le mie cosce che si tendono come un arco di violino. Il membro si irrigidisce, inaspettatamente, senza esser neppure sfiorato come invece la quotidianità impone, abitualmente, a chi non è più fanciullo e di nudi, artistici o profani, ne ha visti a dozzine. Adesso lei si è come rannicchiata nella posizione fetale dell’uovo cosmico. Le mani, tremanti, cercano di nascondere una natura prorompente e la poesia sfuma nella carnalità. Non puoi trattenere la tua fisicità, penso mentre lecco inaspettatamente il ghiaccio.

Penso al suo lui che si diverte a osservarla, orgoglioso degli sguardi furtivi e lattiginosi di altre presenze in questa sala.
Il ticchettio dell’acqua si è fatto incalzante. L’alito fresco di un vento amico smuove le tende di raso e porta una punta fredda che le fa inturgidire i capezzoli, più di quanto la natura e l’uomo abbiano fatto per trasformare Isabel in un capolavoro vivente.

Strano. Non mi fisso sulle tette di una rotondità che sfiora la perfezione. A me non interessa se una donna è così al naturale o si è fatta aiutare da un piccolo bisturi. Per me il seno è sacro, le mammelle devono essere generose come generosa deve essere la loro padrona. Sono il primo rifugio dello sguardo di decine di uomini, che si fanno centinaia in una giornata, tutti desiderosi, bramosi, arrapati alla sola immaginazione di poter giocare con quei due meloni comunque soffici.

Il mio sguardo è attirato dai brividi che la folata ha scatenato sulla pelle liscia, tesa e profumata di Isabel. Pelle di gallina si diceva un tempo. Sorrido a quel parallelo. Eccitante adesso mentre immagino che la vagina stia reagendo al contrasto col calore degli unguenti che scivolano, lentamente, attraverso le forme sinuose.

Lui c’è, ma per me è come se non ci fosse. Questo è il mio ballo. È quello che lei sta dedicando a me o a nessuno. E inizio a sentirla mia. A farla mia. A penetrarla dove altri non riescono, nella mente. Solo così puoi domare la passione, una figura quasi inarrivabile. E allora inizio un dialogo muto con lei. Che balla ancora, mentre un lieve movimento di tessuti lascia intravedere che, nella sala, sono ormai molte le presenze di chi osserva. Le dico che su quelle meravigliose tette vorrei imprimere le mie dita come il Giambologna seppe a fare mentre lavorava al “Ratto delle Sabine”. Quelle dita affondavano nelle carni marmoree, ma adesso le dita sono le mie e il suo seno non è certo di marmo, bensì di lava che scorre nelle vene, nella morbidezza di un petto che non è giunonico, ma perfetto per i miei desideri estremi. Lo osservo, le dico mentalmente, non posso non pensare a quanti schizzi lo abbiano innaffiato. A quante gocce di sudore lì siano scivolate nell’afa di un amplesso col suo lui, nella camera dell’albergo che sfiora il mare, quando il vicino è stato beccato dalla moglie che si era svegliata, avendo sentito pure lei quei gemiti; lo ha trovato che si stava masturbando come un adolescente, mentre tendeva l’orecchio alla parete e Isabel ansimava forte, mentre il suo lui a un metro di distanza scarso dalla coppia insonne le professava frasi inequivocabili.

Il mio sguardo si fissa sulle sue melotte, meritano un bacio, leggero, prima di far scivolare la lingua nell'anfratto tra orifizio anale e tana di mille peccati. Voglio divaricare quelle chiappe, come si fa con un libro appena acquistato, cercandone l’anima. Voglio infilarti due dita nella fica, sussurro, perché devo sentire quanto ti fa esser bagnata saperti osservata dal tuo lui, mentre già riconosco il suono vuoto di mani serrate che sfoderano adesso i sessi rapiti da quest’azione. "Vieni, divina", le ordino.
Lei muove due passi lievi, si gira quasi a chiedere permesso al suo lui che osserva al massimo della tensione.

Ho pensato a tutto in questa trappola. Ed ecco due ancelle sbucare dal buio. Una bionda con una prima e un gran culo, vestita di fiori. Una mora riccia e formosa, la terza che deborda in una quarta in certe giornate. Isabel se n’è accorta e ha continuando la danza. L'ha fatto mentre vede la bionda ha afferra il cazzo del suo lui e lo scuote come una verga. La mora s'inginocchia al nuovo padrone e infila le testa tra le sue gambe, iniziando a farsi stantuffo.

E' in questo preciso momento che Isabel perde il controllo. Lei deve essere l'ape regina. E c'è solo un'ape regina.
E se lui si concede al piacere provocato da due maiale, lei si erge fieramente a troia sofisticata.
Così indossa una rete, come preda da pesca grossa. Fa in modo che le gambe, delicate, siano strette da quelle corde. Si strappa, delicatamente, solo l'incrocio alla base della vulva, per liberarla all'aria e all'estasi. Chiude il tutto, immediatamente sotto il seno, con un elastico nero, per rafforzare la supremazia del seno. Che adesso è trionfo di desideri.
Lei è una troia di classe. Sa di esserlo. Lo sussurra al suo lui, abitualmente. E' solo un gioco le aveva detto, in fin dei conti. Ma adesso quelle zoccole non stanno giocando, fanno sul serio e allora io, pensa Isabel, adesso ti mando al manicomio.

Prende, chissà da dove, una camicia di seta pura e immacolata nel colore. Lei sa che il baco da seta cresce in ambiente caldo e umido come l'avvallamento delle tette. Per secoli proprio lì le donne asiatiche che attraversavano servizievoli il deserto del Gobi lo tenevano il baco, in un sacchetto morbido, per portarlo lungo la via della Seta fino a Venezia, culla di maschere e misteri. Non è il baco ciò che cerca, Isabel, ma un cazzo tutto per sé. Per divertirsi, per divertire, per far impazzire il suo lui, adesso vedrai pensa mentre lo osserva per l'ultimo istante prima di far cadere l'ultimo velo.

"Prendi il mio", le dico osservandola dritta negli occhi profondi che lei non ha mai aperto così a uno sconosciuto.

Le carezzo i capelli morbidi e profumati. Lei si contorce come una gattina che fa le fusa. E' dolce e delicata. Merita tutto il mio rispetto. Le afferro la calotta cranica e le sprofondo il cazzo in gola, senza preoccuparmi troppo dell'effetto che farà.

Lei quasi strabuzza perchè in tanta dolcezza non si sarebbe aspettata un gesto così egoista. Ma sa anche di esser osservata. Dal suo lui, non può essere seconda a nessuna, tantomeno a due zoccole. Sa di esser osservata da altre presenze che adesso entrano, silenti, sul campo principale.

Inizia a leccarmelo, a succhiarmelo, a massaggiare delicatamente i testicoli. Vorrebbe infilare un dito nel mio ano, ma non ho bisogno di altri stimoli, perché questa divina è esattamente prona sul mio basso ventre e io sento realizzato il mio disegno, come ultimamente capita di rado, perché per colpire la mia immaginazione le donne devono essere speciali e non sacchi di carne da riempire di sborra e poi ciao. Quello lo fanno tutti. No, solo l'erotismo ti porta a questi livelli e anche la semplice scopata diventa una fantasia che non cancelli più.

Quando sento che la sua saliva ha pienamente bagnato l'asta di carne che sorregge una cappella gonfia da esplodere, tanto pompa il sangue nel mio glande, la faccio alzare. La giro, mostrando la sua nudità al cospetto degli astanti. La faccio sedere sulle mie gambe, le accarezzo il buco del culo dove scendono leggere le gocce del suo unguento. Lei capisce, perché lei decide. Afferra il cazzo con la presa certa di chi ne ha scossi a decine, che lui sappia o no, e se lo fa scivolare lentamente nel culo come fa abitualmente, senza per questo doverlo confidare neppure al suo lui. Questo pensa.
Prima la cappella. Poi un primo affondo, lieve. Poi un'alzata leggera. Poi più a fondo. Fino a farlo scomparire nel suo sfintere. Io vedo solo la schiena arcuarsi. Sento un gridolino soffuso, non saprei dire se di dolore o di piacere, all'inizio.

Adesso cavalca sicura come un'amazzone che sfiora il pelo di uno stallone. E uno e due e tre colpi che rischiano di mandarmi al creatore. Sto provando una sensazione strana. Non vedo più cosa accade dall'altro lato della stanza. Il suo lui sarà sommerso da lingue che s'incrociano, mani impastate nelle fiche calde delle zoccole che ho accuratamente selezionato, sondandone tutti i fori e sborrando sui loro volti, prima di regalarle a lui affinché lei potesse essere mia. Le tiro la camicetta dalla quale emergono come vulcani i seni pieni, quando già il primo schizzo la colpisce su un fianco. Un osservatore non ha retto. Lei lo guarda e sorride. Mentre un uccello d'ebano, enorme alla vista, proietta sul suo corpo un fiume di seme bianco e oleoso. E' grandine quella che sentono le mie orecchie mentre fuori impazza il temporale. Uno dopo l'altro i membri completano il loro scarico, sollecitati dalla mano di Isabel, schiaffeggiando i suoi seni con la punta dei cazzi, facendosi baciare il glande sulla punta fino a leccare, in casi estremi, le prime gocce, consapevoli che lei stasera è mia e solo mia e guai a chi le afferra la testa per farsi fare un pompino a fondo.

Quando sto per esplodere la faccio alzare. Senro il cuore che pulsa, anzi pompa. Pompa come ha fatto lei con quel culo sodo che la proietta in cima alla piramide del desiderio. La colloco ansimante sulla poltrona, innaffiata di sperma che gocciola da ogni dove. Le afferro i capelli dall'alto, macchiati pure quelli di seme limaccioso. Le metto il glande ad altezza volto. E sento la bionda che mi accarezza le spalle, la mora che mi lecca il collo madido di suroe. Vedo lui che è sconvolto per l'amplesso subìto e per la scena di Isabel che accontenta tutti.

L'aveva provocata lui, del resto, invitandola a salire sul palco. Non si sarebbe mai aspettato tanta grazia.

Lei ha la passera bella gonfia. Si infila due dita nella fica e inizia a masturbarsi. Allarga le grani labbra e chiede con lo sguardo di esser penetrata come pure meriterebbe.

Una mano, due mani, cinque mani la cingono d'assedio. Le strizzano le tette, le lisciano le cosce portando via residui di sperma. La bionda inizia a leccarle i piedi nudi, sporchi pure quelli di fiotti. La mora si mette carponi e inizia a leccarla dolcemente proprio in mezzo alle cosce. La carne è fresca al primo contatto, ma le pareti della vagina si riempiono di umori. Isabel è indecisa, ma alla fine cede. Inconsapevolmente. Continua a stuzzicarsi il clitoride mentre la mora succhia da gran professionista ora l'uno, cioè l'uomo di Isabel, ora l'altra, cioè lei, la grande troia. Io mi porto sulla sinistra, le carezzo il volto mentre la bionda ora lecca le gore di sborra che macchiano il suo volto. Le infilo l'uccello in bocca e pompo. La scopo lungo le pareti bagnate delle guance e giù fino in gola, addomesticandole la lingua che lei cerca comunque di attorcigliare alla mia punta, togliendole il respiro che si fa solfeggio sotto i colpi della mora che ha iniziato a slinguare con più passione. Lei accenna a una goduta che parte lenta. La mora lo sente. E accentua il flusso. Il mio cazzo resiste a malapena. Lei inizia a inarcare la schiena perché fa così, sempre. "Eccola, eccola" dice guardando il vuoto. Vorrebbe dire "sborro" ma non può perché il fiume caldo che è risalito lungo il mio cazzo, adesso pulsa un fiotto liberatorio. Scusa, vorrei sussurrarle all'orecchio mentre la sua bocca stenta a deglutire il mio latte. Perché è troppo bella Isabel. Isabel si strizza le tette, Isabel si piega a pecorina mettendomi la sua vulva davanti agli occhi per farsi annusare come una cagna in calore, Isabel si sditalina. La Signora della notte. Una Wife che il suo lui adesso carezza. Sa che lei è stata bene, mooolto bene. Sa che è stata desiderata da decine di cazzi schierati sull'attenti davanti a quella danza. Tutti in attesa del proprio turno. Tutti pronti a sparare come un plotone le schizzate di sperma che solo una dea merita. Lui sa. Sa che anche la leccata di fica da parte di una zoccola che ci sa fare, e lui sa quanto perché ne ha appena goduto, ha provocato quella scintilla inattesa. Sa che ho scopato Isabel. La sua Isabel.
Non un amplesso carnale e basta. Ho scopato la sua testa, prima che il corpo. Sa di esser geloso, in fondo chi non lo sarebbe. Ma non puoi esser geloso di una divinità dopo che ne hai liberato l'anima. Lei è come ubriaca di umori. La sala si svuota, lentamente. Piove fuori dalle tende che danzano il ritmo della natura. E' appagata, finalmente. Ma già la mano lasciva scivola sul ventre tremante e le dita, le sue dita, le chiedono di proseguire il coito, di ripartire subito verso nuovi orizzonti.
I suoi capezzoli sono l'ultima immagine che rubo di un momento tutto nostro. Grazie Isabel per il dono che hai voluto rinnovare. Ti aspetto nei sogni che arriveranno anche se non li cercherai. Perché quando ti ho infilato il cazzo nel culo e poi in bocca, ho scopato la tua testa, ho toccato la tua anima perversa. Adesso torna pure sul palco davanti a tutti, liberati nell'esibizionismo, asseconda il tuo lui e le richieste più morbose, ma quando stai per sborrare, pensa a me. Sarò lì, accanto a te, a respirare l'essenza che si sprigiona dai pori dilatati di una donna che è femmina mentre si apre al piacere assoluto.
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